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Boom di viaggi in Cina ma dietro ai numeri c'è un turismo povero

Nei cinque giorni di festività appena terminate e legate al Primo maggio, i movimenti a livello domestico e transfrontaliero sono cresciuti, nel caso degli stranieri in modo rilevante, ma la spesa pro-capite è sotto ai livelli del 2019. Prevale la tendenza la risparmio e ai consumi economici, preferibilmente nazionali


09/05/2025 15:41

di Marco Leporati*

settimanale

Un primo bilancio dei movimenti turistici in Cina, nei cinque giorni di festività appena terminate e legate al Primo maggio, sia a livello domestico che transfrontaliero, facilitato dall’esenzione per molti paesi di visti in entrata, può essere un indicatore interessante della possibile ripresa dei consumi in Cina e, comunque, dell'atteggiamento prevalente tra i cittadini.

Le statistiche ufficiali mostrano nel periodo in oggetto 314 milioni di viaggi domestici pari al 6,4% rispetto all’anno precedente con un numero di 1.465 miliardi di passeggeri che si sono mossi tra le province cinesi. In termini di spesa si sono raggiunti 25 miliardi di dollari americani superiore all’8% dello scorso anno ma, in termini di spesa pro capite, l’incremento è stato solo dell’1,5% pari a 80 dollari, sotto i livelli del 2019.

In aggiunta vi sono gli spostamenti di cittadini cinesi all’estero e di stranieri in Cina. Le frontiere cinesi hanno registrato 10,9 milioni di entrate ed uscite con un incremento del 28,7%: di questi 5,78 milioni sono stati di cittadini cinesi usciti dal loro territorio mentre 4 milioni erano i residenti di Hong Kong, Macao e Taiwan entrati in Cina. Il numero degli stranieri è stato pari a 1,12 milioni con un incremento del 43,1%; di questi 380.000 hanno beneficiato dell’esenzione del visto con un incremento pari al 72,7 secondo la Nation Immigration Administration.

La domanda è: questi dati indicano una tendenza in progress o un exploit contingente? Ieri a Pechino la situazione sembrava suggerire la seconda risposta: nella serata, attraversata da una brezza primaverile, i ristoranti erano parzialmente vuoti e così pure i bar e i locali del famoso distretto di Sanlitun, centro una volta della vita sociale e ricreativa.

Il fatto è che i cittadini cinesi sono preoccupati per il futuro e, sebbene la Pboc, la banca centrale cinese, abbia ridotto il tasso di sconto sull’interesse passivo, facilitando anche le transazioni dei mutui, la ripercussione si sentirà sui risparmi depositati nelle banche: oggi per depositi vincolati per tre anni il tasso di interesse a favore del risparmiatore è mediamente dell’1,5% annuo al netto.

Che la popolazione cinese preferisca risparmiare e cercare soluzioni più economiche nei consumi è confermato dai dati della contabilità nazionale e dall'osservazione della realtà nelle grandi città. Un caso di studio è quello delle caffetterie che offre uno spaccato della vita quotidiana cinese.

Secondo Caynan.com, nel 2024 sono stati aperti in Cina 67.000 punti vendita, 12.000 in più rispetto all’anno precedente al netto delle chiusure di locali. Il boom ha, però, penalizzato Starbucks che ha ridotto la sua quota di mercato al 14% dal 34% del 2019 e altre catene come KFC, superato dal concorrente cinese Manner (Fonte Euromonitor International) che hanno perso l’8%. Il totale fatturato in Cina dell’industria del caffè vale 86 miliardi di dollari.

La spiegazione sta nella spinta, anche politica, al caffé prodotto nelle piantagioni dello Yunnan, provincia meridionale della Cina che, seguendo i dettami dichiarati dal Presidente Xi Jinping nel marzo scorso “rappresenta la Cina”. Le società cinesi ne hanno beneficiato e Nowwa Coffee ha aperto 2.000 punti vendita diventando la più estesa catena del paese. Le caratteristiche dei suoi punti vendita sono spazi limitati, circa 40 mq, ma soprattutto prezzi di vendita a bicchiere di 4 euro, la metà degli 8 richiesti mediamente sul mercato.

Il prezzo è considerato fattore di successo anche perché il consumo di questa bevanda è prevalentemente destinata a personale di ufficio: a Shanghai sono stati calcolati otto milioni di consumatori. «Il caffé da staus symbol si è trasformata in bevanda diffusa nella classe impiegatizia» ha confermato Guo Xingjun, fondatore e ceo di Nowwa, per spiegare il successo della sua iniziativa.

Nelle città di seconda e terza fascia la crescita è stata ancora maggiore: a Chengdu, nello Sichuan, con un’attenzione particolare alla qualità della vita, i locali aperti nel 2024 sono stati 1.995 e la città ha raggiunto la terza posizione nella classifica delle città cinesi con il maggior numero di locali. Hangzhou, hub tecnologico e turistico, ha registrato 1.725 aperture nel 2024.

È vero, quindi, che la Cina rimane un paese prevalentemente esportatore, come hanno confermato gli ultimi dati sulla bilancia commerciale, e con questa impostazione, ideata ai tempi dell’apertura di Deng Xiaoping, dovrà sostenere la crescita della sua popolazione, come avvenuto negli ultimi vent’anni, ma con un’attenzione particolare alle disponibilità economico finanziarie della sua popolazione. (riproduzione riservata)

* corrispondente da Shanghai, dove vive e lavora da 30 anni

 

 

 

 


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