Si allunga la lista di multinazionali americane che decidono di abbandonare, in tutto o in parte, il mercato cinese dei prodotti di largo consumo. Dopo Starbucks, ora è la volta di Burger King. Restaurant Brands International (Rbi) ha annunciato che venderà la quota di maggioranza dell'unità cinese della sua catena di ristoranti, come parte di un piano volto a stimolare la crescita nel paese.
Il proprietario di Burger King ha avviato una joint venture con Cpe Capital, un gestore di asset australiano. Cpe investirà 350 milioni di dollari nell'entità per portare il numero di punti vendita Burger King in Cina a oltre 4.000 entro il 2035, rispetto agli attuali 1.250.
Il piano fa parte della spinta di Rbi a tornare a un "modello di business più semplice e fortemente basato sulle franchigie" si legge in un comunicato diffuso dalla società. Dopo il completamento della transazione, Cpe deterrà circa l'83% dell'azienda.
La settimana scorsa era stata Starbucks, la catena di caffetterie, ad annunciare l'uscita dall'impegno diretto nel mercato cinese, attraverso la cessione delle attività a Boyu Capital.
In base all'accordo, la società di asset management alternativo cinese deterrà fino al 60% delle attività retail di Starbucks in Cina, mentre quest'ultima manterrà il restante 40% e la licenza e la proprietà intellettuale del marchio.
Boyu acquisirà la partecipazione sulla base di un enterprise value di circa 4 miliardi di dollari, per un valore complessivo del business stimato da Starbucks a oltre 13 miliardi di dollari, considerando i proventi della cessione della quota, il valore della partecipazione detenuta nella jv e gli introiti dalle licenze per almeno i prossimi dieci anni.
"La partnership tra Starbucks e Boyu segna un nuovo capitolo nel percorso di Starbucks, durato 26 anni, in Cina, unendo il marchio riconosciuto a livello mondiale, la competenza nel settore del caffè e la cultura incentrata sui partner (dipendenti) di Starbucks alla profonda conoscenza dei consumatori cinesi da parte di Boyu", ha spiegato il colosso del caffè statunitense in una nota.
Il business continuerà ad avere sede a Shanghai e sarà proprietario e gestore delle 8.000 caffetterie Starbucks presenti oggi sul mercato, con l'obiettivo di crescere nel tempo fino a raggiungere le 20.000 sedi.
L'annuncio fa seguito a un periodo di revisione, durato mesi, in cui Starbucks ha condotto diverse valutazioni di partnership strategiche per rilanciare le vendite in Cina. La multinazionale Usa ha aperto il suo primo punto vendita in Cina nel 1999, espandendosi fino a far diventare il Paese il suo secondo più grande, preceduto solo dagli Stati Uniti.
La situazione è peggiorata, tuttavia, negli ultimi anni, con un crollo continuo delle vendite innescato prima dalla pandemia e dalle relative restrizioni governative, e poi dalla crescente concorrenza delle rivali locali. La catena cinese Luckin Coffee, ad esempio, conta ora più punti vendita in Cina di Starbucks e ha conquistato i clienti con bevande a prezzi più bassi rispetto alla catena di caffè statunitense.
"La profonda conoscenza e competenza locale di Boyu contribuiranno ad accelerare la nostra crescita in Cina, soprattutto con l'espansione in città più piccole e nuove regioni", ha commentato il presidente e ceo di Starbucks, Brian Niccol. (riproduzione riservata)