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Politica

Pechino teme che Trump voglia isolare la Cina nell'Asean

Nonostante gli accordi sulle terre rare sottoscritti con l'amministrazione americana, di cui peraltro non si conoscono i dettaglia, la Cina denuncia il tentativo del presidente Usa di avviare compromessi commerciali con i paesi terzi purché limitino l'intercambio con la Repubblica popolare


03/07/2025 15:25

di Mauro Romano - Class Editori

settimanale

La tregua sui dazi concessa dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump è agli sgoccioli. Allo scoccare della mezzanotte del 9 luglio a Washington, salvo accordi formali dell'ultima ora, scatterà l'introduzione su scala globale delle tariffe statunitensi annunciate il 2 aprile, con aliquote comprese tra l'11% e il 50%. Il 9 luglio segnerà la fine di un periodo di sospensione di 90 giorni concesso per favorire trattative "in buona fede".

Con la Cina, però, gli Stati Uniti hanno già finalizzato un accordo chiave , garantendo l'esportazione di minerali di terre rare in cambio della revoca di alcune contromisure imposte da Pechino. «Non sono stati divulgati dettagli o un documento ufficiale, probabilmente a causa della delicatezza dell'accordo, che riguarda risorse strategiche e le tensioni geopolitiche in corso», spiegano gli esperti di Ing.

Trump ha annunciato ieri un accordo commerciale con il Vietnam, che ha accettato di applicare un dazio del 20% sui beni esportati verso gli Stati Uniti e un'imposta del 40% su ogni attività di "triangolazione commerciale" (volta a contrastare il trasbordo di beni dalla Cina).

Gli Stati Uniti, dal canto loro, venderanno i propri prodotti in Vietnam a tariffe pari a zero, ha dichiarato l'inquilino della Casa Bianca. Il dazio del 20% applicato alle importazioni dal Vietnam è superiore al livello del 10% in vigore dal 9 aprile, ma inferiore all'imposta del 46% inizialmente annunciata nel "Giorno della Liberazione".

Contro l'Unione europea, Trump ha minacciato un rialzo dei dazi al 50% in assenza di un'intesa entro il 9 luglio. L'Ue ha fissato una data per le contromisure: il 14 luglio. A Bruxelles si valuta un compromesso: accettare la tariffa universale del 10% in cambio di esenzioni settoriali, specie per automotive, acciaio, alluminio, semiconduttori e farmaceutica. La disputa, però, resta aperta anche su fronti normativi come il Digital Markets Act e il Carbon Border Adjustment Mechanism.

Il Canada, dopo un periodo di gelo legato alla tassa sui servizi digitali, ha ritirato il provvedimento e ottenuto una proroga fino al 21 luglio per finalizzare un nuovo accordo. Altri Paesi - si stima non più di dieci - sono in corsa contro il tempo per chiudere intese simili o almeno ottenere estensioni temporanee.

«Nonostante gli accordi commerciali, la guerra dei dazi e la riorganizzazione dei flussi delle merci sono tutt'altro che finite», avvertono gli analistio. Con l'introduzione da parte del Canada di un nuovo contingente tariffario sulle importazioni di prodotti siderurgici da partner non firmatari di accordi di libero scambio (Als) a partire dal 27 giugno, il reindirizzamento delle merci attraverso Paesi terzi sta diventando sempre più difficile.

La Cina, dal canto suo, ha nuovamente espresso forte malcontento nei confronti di altri Paesi che stipulano accordi commerciali con gli Stati Uniti, ritenendoli lesivi dei propri interessi. Il ministero del Commercio cinese ha avvertito che avrebbe adottato "contromisure ferme e risolute" qualora tali accordi fossero a spese della Cina, definendo la strategia statunitense di tariffe reciproche "bullismo unilaterale" che sconvolge l'ordine commerciale internazionale.

«La strategia tariffaria degli Stati Uniti potrebbe dare il via a compromessi commerciali a livello globale e infine isolare la Cina, con i Paesi presi di mira da potenziali misure tariffarie statunitensi che farebbero concessioni significative, migliorando in definitiva le relazioni commerciali tra gli Stati Uniti e il resto del mondo a spese di Pechino», proseguono gli stesi analisti.

Poiché la Cina è percepita come la principale minaccia geopolitica per l'amministrazione statunitense, è molto probabile che le politiche americane si concentrino maggiormente su ostacoli commerciali indiretti, tra cui investimenti, social media e cooperazione tecnologica, spingendo le aziende a ridurre i loro affari con la Cina se desiderano investire negli Stati Uniti.

«Questo mette sia i partner commerciali asiatici della Cina sia gli alleati degli Stati Uniti in una posizione difficile. Se da un lato molti Paesi hanno avviato indagini anti-dumping su alcune pratiche commerciali della Cina, in termini di importazioni il mercato cinese è ancora più importante di quello degli Usa per i membri dell'Associazione delle Nazioni del Sud Est Asiatico (Asean), i Paesi africani, latinoamericani e persino per la Germania», osservano gli analisti di Ing, aggiungendo che molte nazioni dipendono da componenti e materie prime cinesi, e la flessibilità della Cina nel limitare le esportazioni di terre rare dimostra che non esiste una via d'uscita facile quando si tratta di scegliere tra Washington e Pechino.

Infine, una variabile importante è la decisione attesa per il 31 luglio della Corte d'Appello Usa sul contenzioso legato all'IEEPA. In prima istanza, la Corte per il Commercio Internazionale ha stabilito che Trump ha ecceduto i propri poteri nell'imporre i dazi, ma la sentenza è stata sospesa in attesa di giudizio definitivo. Se la Corte confermasse la decisione, la palla passerebbe alla Corte Suprema, con tempi ancora incerti. (riproduzione riservata)


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