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Politica

Più soia brasiliana verso la Cina per compensare l'import dagli Usa

Gli scambi commerciali tra il Dragone e i paesi latinoamericani sono cresciuti di 40 volte negli ultimi 25 anni e stanno accelerando, spinti soprattutto dall'export di prodotti alimentari brasiliani, soia, mais e zucchero. Intanto le compagnie cinesi investono nei terminal della costa atlantica e pacifica


13/05/2025 16:52

di Pier Paolo Albricci - Class Editori

settimanale
L'abbraccio tra il presidente Xi Jinping e il brasiliano Lula al Forum China-Celac

La notizia che i flussi commerciali tra la Cina e i Paesi dell'America Latina e dei Caraibi hanno toccato il record storico di 518 miliardi di dollari nel 2024, più di 40 volte rispetto all'inizio di questo secolo, ha fatto da cornice all'apertura della quarta riunione ministeriale del China-CELAC (Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici) Forum, inaugurato oggi a Pechino dal presidente Xi Jinping, alla presenza del presidente brasiliano Lula e di altri leader del continente. 

A catalizzare l'interesse verso i paesi sudamericani è il crescente flusso di importazioni alimentari, in particollare dal Brazile, che rappresenta oltre un terzo degli scambi commerciali (188 miliardi di dollari a fine 2024). Il porto di Santos, sulla costa atlantica del Brasile, è oggi il principale punto di uscita per le esportazioni sudamericane di soia e altri prodotti agricoli verso la Cina, che cerca da anni alternative affidabili agli approvvigionamenti statunitensi.

Ed è in direzione Brasile e di altri paesi chiave sudamericani, il Perù in particolare, che si concentrano gli interessi delle compagnie cinesi che assicurano la regolarità dei flussi commerciali tra i due continenti. A Santos, il colosso statale cinese Cofco sta costruendo il suo più grande terminal d’esportazione fuori dalla Cina. L’infrastruttura, dedicata a soia, mais e zucchero, aumenterà la capacità annuale di esportazione dell’azienda da 4,5 a 14 milioni di tonnellate, e sarà pienamente operativa nel 2026.

Il progetto si inserisce in una strategia più ampia della Cina per garantirsi l’accesso alle ricchezze agricole sudamericane che si articola nella costruzione da parte di aziende cinesi di centinaia di chilometri di ferrovie nel cuore agricolo del Brasile e nel completamento del porto d’acqua profonda da 3,5 miliardi di dollari sulla costa pacifica del Perù.

Il timore di una nuova guerra dei dazi con gli Stati Uniti ha dato ulteriore impulso a questi investimenti. «Abbiamo bisogno di sempre più infrastrutture», ha dichiarato il ministro dei Trasporti brasiliano, Renan Filho.

Nel cuore del porto di Santos, tra magazzini e rovine di antichi zuccherifici coloniali, una gru sta completando l’installazione di tre giganteschi silos Cofco, ognuno grande quanto un palazzo residenziale. Dal suo ingresso nel mercato brasiliano nel 2014, Cofco si è affidata a terminali di terze parti, con un aggravio di costi del 15%. Ma nel 2022 ha ottenuto una concessione di 25 anni per sviluppare il terminal STS11, con un investimento di circa 285 milioni di dollari.

Nel frattempo, China Merchants Port Holdings – altra società statale – ha acquisito nel 2017 il 90% dell’operatore del porto di Paranaguá, nel sud del Brasile, per 925 milioni di dollari. La compagnia ferroviaria statale cinese ha anche avviato la costruzione di tratti ferroviari strategici nel Paese.

In Perù, Cosco Shipping ha terminato un megaporto sull’Oceano Pacifico, pensato per velocizzare i flussi commerciali tra Asia e Sud America. Pechino ha discusso inoltre con i governi locali la possibilità di realizzare una ferrovia transcontinentale dal Pacifico all’Atlantico.

Il 28 aprile, funzionari cinesi hanno annunciato che la Cina potrebbe facilmente rinunciare alle importazioni agricole statunitensi, pur mantenendo un obiettivo di crescita del 5%. Secondo gli analisti, Brasile e Argentina sarebbero i fornitori alternativi principali.

Il Brasile ha già beneficiato delle tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti durante l’amministrazione Trump. Tra il 2017 e il 2024, le importazioni cinesi di soia brasiliana sono aumentate del 35%, toccando i 73 milioni di tonnellate, mentre quelle dagli Usa sono calate del 14% (27 milioni di tonnellate), secondo il Center for Strategic and International Studies.

 «Basta guardare cosa è successo durante il primo mandato di Trump», ha commentato Cláudia Trevisan, direttrice del Consiglio per il Commercio Brasile-Cina. «Trump ha imposto dazi alle importazioni cinesi, Pechino ha reagito, e il Brasile ha colmato il vuoto lasciato dagli Stati Uniti, soprattutto con la soia».

Nel 2023, il Brasile rappresentava circa il 25% delle importazioni agricole cinesi, mentre la quota statunitense era scesa al 14%. Il 70% della soia importata dalla Cina arriva oggi dal Brasile, di cui il 30% transita da Santos, il resto da Paranaguá e dai porti settentrionali di Itaqui e Barcarena.

 Ma Santos fatica a tenere il passo. Nel 2024 ha movimentato un record di 180 milioni di tonnellate di merci, il 60% agricole. Gli scioperi sono frequenti e oltre il 90% della capacità portuale per il trasporto di merci agricole sfuse è già utilizzata, ben oltre il limite operativo di sicurezza dell’85%, secondo la società di consulenza Macroinfra.

A differenza degli Stati Uniti, che contano su una rete ferroviaria capillare, in Brasile la soia e il mais arrivano soprattutto  su gomma. Fino a 20 mila camion al giorno intasano le strade verso Santos, con code che si estendono per oltre 30 chilometri.

Anche l’agricoltura è sotto pressione. Se da un lato il clima favorevole consente fino a tre raccolti l’anno, dall’altro il terreno, povero e argilloso, necessita di ingenti quantità di fertilizzanti, specialmente durante le piogge.

Il problema è che il Brasile importa l’85% dei fertilizzanti, in gran parte dalla Russia. Dopo l’invasione dell’Ucraina, le forniture si sono ridotte e i prezzi sono saliti, complici anche le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Canada, altro importante fornitore globale.

 «Il Brasile ha un potenziale enorme, certo», afferma Plinio Nastari, presidente della società di consulenza agricola Datagro. «Ma questo non significa che possa soddisfare le richieste cinesi dall’oggi al domani. Ci sono molti ostacoli in gioco». (riproduzione riservata)


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