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Apple diversifica la produzione di iPhone ma resta in Cina

La casa di Cupertino avrebbe firmato, secondo il Financial Times, un contratto con un concorrente cinese di Foxconn per evitare di perdere ancora produzione, dopo le chiusure e le proteste dei dipendenti cinesi del colosso di Taiwan. Che resta comunque il primo fornitore della mela


05/01/2023 12:46

di Luca Carrello - Class Editori

settimanale
Tim Cook, ceo di Apple

Apple prova a forzare la mano in Cina. Per il Financial Times la multinazionale di Cupertino è pronta a firmare un grosso contratto con Luxshare Precision, concorrente cinese di Foxconn. A fine 2022 l’azienda taiwanese ha rallentato l’assemblaggio degli iPhone nel sua più grande fabbrica a Zhengzhou (Cina). 

I ritardi sono nati dopo l’ondata di proteste dei dipendenti, chiusi in quarantena nello stabilimento per eliminare i focolai di Covid-19. Foxconn assembla circa il 70% degli iPhone e a Zhengzhou produce la maggior parte dei modelli premium.

Ci sono anche i rallentamenti nella consegna di iPhone tra i motivi che hanno portato la casa di Cupertino a perdere mille miliardi di capitalizzazione in borsa nel 2022. Ecco spiegato il motivo del nuovo contratto con Luxshare Precision, che già produce piccole quantità di iPhone 14 Pro Max nel suo impianto di Kunshan, a nord-ovest di Shanghai. 

L’azienda cinese, fondata proprio da un ex dipendente di Foxconn, Grace Wang, è in grado di assemblarli grazie a un significativo investimento di Apple. Così i ricavi annuali sono passati da meno di 2 miliardi di dollari del 2016, ai 24 miliardi del 2021.

Fino a poco tempo fa Foxconn, il più grande produttore a contratto al mondo, era l’unico responsabile della consegna dei nuovi modelli di iPhone Pro. Ma dopo i rallentamenti causati dal Covid-19 in Cina, Apple ha deciso di diversificare la catena di approvvigionamento. Tutto ciò nonostante l’azienda taiwanese abbia dichiarato che la fabbrica ha aumentato la produzione per raggiungere il 90% degli obiettivi iniziali di dicembre.

A novembre, infatti, le proteste dei dipendenti avevano colpito il 30% della produzione di Foxconn, riducendo le entrate a 14,7 miliardi: un calo di oltre il 29% rispetto a ottobre e di oltre l’11% in confronto a novembre 2021. Per calmare le anime l’azienda ha prima offerto dei bonus salariali per allontanare i dipendenti. Poi, con la produzione messa a dura prova, ha messo sul piatto fino a 1.800 dollari per convincerli a restare. (riproduzione riservata)


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