Ralph Lauren spinge sul mercato cinese. Il marchio del cavallino al galoppo, sinonimo di wasp style e sogno americano a quattro bottoni, ha deciso di premere sull’acceleratore in Cina, dove ha quasi raddoppiato il fatturato negli ultimi tre anni, passando da 150 a 250 negozi e aprendo da poco un flagship store a Chengdu, la capitale gastronomica del Sichuan. Il ceo Patrice Louvet ha alzato l’asticella, prevedendo una crescita a doppia cifra nei prossimi tre anni, un ritmo doppio rispetto al resto dei mercati.
Ambizione da un lato, ma anche calcolo. Oggi la Cina vale solo l’8% del giro d’affari del brand americano. Ma questo implica un margine di manovra molto ampio, purché una rapida espansione non si trasformi in rapida discesa. Il richiamo della sirena cinese, 900 milioni di consumatori e 400 milioni di famiglie middle-class entro il 2030, secondo McKinsey & company, ha fatto perdere la bussola a più di un manager. Lo sa bene Nike, che dopo anni di gloria ha visto crollare le vendite del 13% e i margini scendere al 24%, travolta da boicottaggi, scelte di prodotto sbagliate e politiche troppo «occidentali». E lo sa bene anche Estée Lauder, costretta a tagliare dividendi e previsioni dopo aver puntato troppo sul Far East.
Questa volta Ralph Lauren, invece, sembra aver trovato la chiave di volta, parlando la lingua del sogno aspirazionale. A Shanghai, il debutto del documentario Very Ralph è diventato un evento mediatico, con droni che disegnano il logo Polo sul Bund, sfilate in stile Hamptons e influencer asiatici convertiti al preppy lifestyle. Un’operazione che mescola nostalgia americana e desiderio, incarnata dall’immagine del fondatore, nato Ralph Lifshitz, oggi ottuagenario. Lui, che dal Bronx sognava la Fifth avenue, continua a interpretare quel sogno americano, ormai scomparso soprattutto in occidente.
Ma il rischio resta. La nuova assertività del consumatore cinese, sempre meno disposto a farsi sedurre da miti importati. Tuttavia al momento anche il mercato sembra entusiasta. In otto anni la società ha generato un rendimento annuo per gli azionisti del 23%, superando anche Lvmh. Inoltre secondo gli analisti di Td Cowen, il fatturato unitario medio, un parametro importante per valutare il potere di determinazione dei prezzi, è aumentato del 14% nel trimestre conclusosi a giugno rispetto all'anno precedente. Per ora il marchio continua a galoppare sulla scia delle sue prospettive in Asia. (riproduzione riservata)