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Industria

Girondi (Ufi Filters), le fabbriche in Cina sono una leva strategica

Il patron del del gruppo leader mondiale nelle tecnologie di filtrazione (70 milioni di filtri prodotti l'anno) non è preoccupato dai dazi imposti da Trump perché una presenza globale riduce i rischi di dipendenza da un singolo mercato o prodotto. E per quanto riguarda il futuro dell'automotive...


28/07/2025 12:51

di Carlo Valentini - Class Editori

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Giorgio Girondi, presidente di Ufi Filters

«La Cina è parte integrante della nostra storia industriale. Siamo stati tra i primi a credere in quel mercato, aprendo il primo impianto già nel 1996. Oggi i nostri sette stabilimenti in Cina rappresentano una leva strategica, non solo produttiva ma anche tecnologica. L'ultimo nato è Ufi Green, a Jiaxing, interamente dedicato alle tecnologie sostenibili. Alimentato da fotovoltaico ed energia eolica, produce soluzioni avanzate per thermal management (tutti i dispositivi elettronici e i circuiti generano calore in eccesso e quindi richiedono una gestione termica per migliorare l'affidabilità e prevenire guasti prematuri), filtrazione evoluta e, presto, anche per l'idrogeno e le celle a combustibile».

Giorgio Girondi, mantovano, 70 anni, laurea in Economia a Ca' Foscari, è presidente (e proprietario, inoltre detiene il 3% di Montepaschi) del gruppo Ufi, leader mondiale nelle tecnologie di filtrazione (70 milioni di filtri prodotti l'anno), gestione termica per veicoli elettrici e nello sviluppo di soluzioni avanzate per la produzione di idrogeno verde, con applicazione in settori automotive, aerospaziale, nautico e industria, fino alle scuderie di Formula Uno e al veicolo spaziale europeo ExoMars. La sede è a Nogarole Rocca (Verona), ha siti produttivi in 21 Paesi, 4.300 dipendenti, 250 brevetti, 580 milioni di fatturato. È una delle straordinarie realtà imprenditoriali della provincia italiana.

Domanda: Preoccupato per i dazi di Trump, nonostante il possibile accordo?

Risposta: No, perché siamo strutturati per affrontare questo tipo di scenari. Operiamo in Asia, Europa e Americhe: siamo globali, ma radicati localmente. Abbiamo scelto di essere presenti ovunque, proprio per non dipendere da un singolo mercato o da una sola politica commerciale. Certo, le tensioni commerciali non aiutano nessuno, ma non siamo preoccupati.

D. Comportano problemi le tensioni nelle relazioni tra Cina e Usa?

R. Serve equilibrio. Gli Stati Uniti hanno 300 milioni di consumatori, la Cina un miliardo e mezzo. E il 90% delle materie prime critiche oggi arriva dalla Cina. Non possiamo permetterci di trasformare questa interdipendenza in una contrapposizione ideologica. L'Europa deve giocare un ruolo da protagonista, non da spettatore. E noi, come industria europea, dobbiamo costruire ponti, non barriere.

D. Quali sono le tendenze dell'innovazione tecnologica?

R. Nell'automotive la grande trasformazione in corso riguarda i sistemi di propulsione: elettrico in Cina, idrogeno a fuel cell in Asia, motore a combustione negli Stati Uniti. L'Europa può e deve tracciare una via propria, puntando su idrogeno ed e-fuel (carburanti sintetici liquidi prodotti da idrogeno generato esclusivamente da energia rinnovabile). Ma servono investimenti e visione politica, non solo dichiarazioni d'intenti.

D. In che modo viene affrontato il momento delicato dell'automotive?

R. Il settore è in trasformazione, ma i motori endotermici resteranno cruciali in molte aree del mondo. Per quanto riguarda le auto elettriche, esse cresceranno, ma non saranno l'unica strada. Servirà un mix tecnologico. Noi forniamo ai produttori di veicoli elettrici moduli di gestione termica, sistemi di aspirazione, scambiatori di calore, componenti predittivi intelligenti. Spesso invisibili, ma essenziali per sicurezza, efficienza e durata.

D. A che punto è lo sviluppo dell'idrogeno verde?

R. Dopo sette anni di ricerca, nel 2023 abbiamo fondato UFI Hydrogen, unica realtà italiana nell'IPCEI (Importanti progetti di comune interesse europeo) sull'idrogeno. In pochi mesi abbiamo attivato uno stabilimento in Trentino per produrre membrane Mea, cuore tecnologico di quattro applicazioni: produzione e utilizzo dell'idrogeno, e-fuel e stoccaggio. L'idrogeno verde sarà centrale nella transizione. Servono però infrastrutture, filiere e una politica industriale europea coerente.

D. Cosa comportano i tagli di Trump sulle energie rinnovabili e quindi anche sull'idrogeno?

R. I tagli agli investimenti sulle rinnovabili sono solo un sintomo. Il vero nodo è il ritorno dell'isolazionismo americano. In questo scenario, l'Europa deve diventare un blocco industriale, non solo politico. Dobbiamo imparare la lezione: non basta comprare verde, bisogna produrlo.

D. La vostra presenza nella Formula Uno è quanto mai significativa. Come viene affrontato il nuovo corso che partirà dal 2026?

R. Siamo in Formula Uno da quasi cinquant'anni. Oggi forniamo 10 team su 10. Ma non è una medaglia da esibire: è il risultato di una fiducia conquistata nel tempo, con co-sviluppi su misura, adattandoci a layout estremi e anticipando le regole. Dal 2026 cambierà tutto: nuove power unit ibride (insieme di componenti elettromeccanici interconnessi col compito di accumulare l'energia che altrimenti andrebbe dispersa) ed e-fuel. Noi ci siamo con moduli di raffreddamento ultra-compatti, media evoluti e architetture leggere.

D. Qual è l' impegno nel comparto dell'aerospazio?

R. Sviluppiamo soluzioni di filtrazione ad alte prestazioni per olio, carburante e aria, in contesti in cui l'affidabilità non è un'opzione ma un requisito vitale. Abbiamo fornito sistemi per missioni spaziali come ExoMars. Non ci limitiamo a trasferire tecnologie: le progettiamo da zero, partendo dalle esigenze più estreme. E se funziona nello spazio, funziona ovunque.

D. Perché aprire un secondo stabilimento in Corea del Sud?

R. La Corea è per noi un partner industriale strategico, con cui collaboriamo da oltre vent'anni. Il nuovo impianto è dedicato alla filtrazione oleodinamica e ai sistemi heavy duty: nasce per rispondere alle esigenze di clienti importanti come Hyundai Transmission. Non si tratta solo di espandere la capacità produttiva ma di rafforzare il nostro presidio tecnologico in un segmento cruciale.

D. Ci sono lacci e lacciuoli che frenano in Italia la ricerca e lo sviluppo?

R. Purtroppo sì. In Italia, la burocrazia e la frammentazione degli incentivi spesso scoraggiano l'innovazione. Noi investiamo ogni anno il 5% del fatturato in ricerca e collaboriamo con centri d'eccellenza italiani e internazionali. Ma il sistema deve fare di più: servono regole semplici e una visione che premi chi innova davvero.

D. In che modo viene affrontata la transizione green?

R. La transizione green è un'opportunità industriale. Siamo partiti dalla filtrazione, ci siamo evoluti nel thermal management per veicoli elettrici, poi nell'idrogeno e ora negli e-fuel. Non inseguiamo le mode: costruiamo soluzioni. Che siano per auto, camion, aerei o centrali a idrogeno, ciò che conta è portare tecnologie affidabili, scalabili e sostenibili.


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