Apertura formale della Cina agli Stati Uniti sul tema dei dazi: il ministero del Commercio cinese ha dichiarato oggi che il Paese sta valutando la situazione, dal momento che gli Stati Uniti hanno recentemente contattato più volte attraverso i canali pertinenti, esprimendo il desiderio di impegnarsi in colloqui con la Cina sulle questioni tariffarie.
Il portavoce del ministero del Commercioha comunque ribadito che «la posizione della Cina è stata coerente: se costretta a combattere, la Cina combatterà fino alla fine, mentre per i colloqui la porta è aperta».
Il comunicato ufficiale ha ricordato che «le guerre tariffarie e commerciali sono state avviate unilateralmente dagli Stati Uniti che, se vogliono negoziare, devono dimostrare sincerità preparandosi e intraprendendo azioni concrete, come la correzione delle loro pratiche errate e l'abolizione delle tariffe unilaterali».
Il cambiamento di tono delle autorità cinesi è evidente rispetto alla settimana scorsa, quando Pechino aveva seccamente smentito la Casa Bianca riguardo la presenza di colloqui in corso, dopo che vari funzionari statunitensi, tra cui il segretario al Tesoro Scott Bessent, avevano indicato un possibile allentamento delle tensioni con il Dragone.
Anche allora il portavoce del ministero del Commercio aveva posto come condizione l'annullamento delle tariffe, ma aveva anche negato categoricamente le trattative, sostenendo che "tutte le dichiarazioni" riguardanti i progressi nei colloqui bilaterali dovevano essere ignorate. Bessent, intervenendo ieri alla trasmissione Squawk Box di Cnbc, si è detto "fiducioso che i cinesi vorranno raggiungere un accordo".
Pechino aveva anche smentito che ci fossero stati colloqui telefonici fra i leader dei due paesi.
Alla cauta apertura cinese ha tuttavia risposto indirettamente il presidente americano tornando a minacciare di sanzioni chiunque acquisti petrolio o prodotti petrolchimici dall'Iran, nel quadro di una rinnovata campagna di "massima pressione" contro la Repubblica Islamica.
«Qualsiasi paese o persona che acquisti anche una minima quantità di petrolio o prodotti petrolchimici dall'Iran sarà immediatamente soggetto a sanzioni secondarie», ha scritto Trump sulla sua piattaforma Truth Social, aggiungendo che «non sarà loro permesso intrattenere alcun tipo di rapporto commerciale con gli Stati Uniti d'America».
Secondo Scott Modell, ad della società di consulenza Rapidan Energy ed ex agente della Cia, il messaggio di Trump è chiaramente rivolto alla Cina, che importa oltre 1 milione di barili al giorno dall'Iran. Tuttavia, Modell sottolinea che le sanzioni difficilmente avranno effetti concreti, senza un intervento diretto contro le imprese statali e le infrastrutture energetiche di Pechino.
«Le dichiarazioni non indicano un cambio di strategia, ma confermano l'approccio di Trump, che mira a negoziare partendo da una posizione di forza», ha dichiarato Modell alla Cnbc. Parallelamente, secondo quanto riferisce la Cnbc, Trump ha aperto un canale negoziale con l'Iran attraverso l'Oman, con l'obiettivo dichiarato di impedire lo sviluppo di un'arma nucleare da parte di Teheran, un progetto sempre smentito dalle autorità iraniane. L'inquilino della Casa Bianca ha ribadito di preferire un accordo diplomatico, nonostante durante il suo primo mandato abbia ritirato gli Usa dall'intesa nucleare siglata sotto la presidenza Obama.
All'inizio di aprile, Trump ha imposto una tariffa del 25% su tutti i beni provenienti da qualsiasi paese che importi petrolio venezuelano, sia direttamente dal Venezuela che indirettamente tramite terzi. Il Venezuela e l'Iran sono entrambi membri dell'Opec. (riproduzione riservata)