Il turismo cinese si scopre di nicchia sull’onda del ritrovato entusiasmo per i viaggi dopo la pandemia. Solo lo scorso maggio, in occasione della festività nazionale della Golden week, il numero di viaggi internazionali ha raggiunto l’89% rispetto ai volumi dello stesso periodo del 2019, come riporta la testata online Jing daily. Ma nonostante mete tradizionali come Italia, Francia, Thailandia e Giappone continuino a esercitare il loro fascino sui viaggiatori del gigante asiatico, a emergere come elemento di novità è la crescente popolarità di destinazioni finora meno frequentate come Cambogia e Laos ma anche Ungheria e Serbia. Sempre Jing daily indica che in stretta collaborazione con gli Stati coinvolti nella Bri-Belt and road initiative, voluta dal presidente Xi Jinping e nota anche come Nuova via della seta, i turisti cinesi si stanno infatti mettendo in viaggio alla ricerca di nuove esperienze, di un miglior rapporto qualità-prezzo e di località meno affollate.
«Attualmente le compagnie aeree cinesi stanno aprendo rotte dirette verso i paesi della Bri, sia per viaggi d’affari che per turismo», spiega a MFF Dario Minutella, Italy lead for fashion & luxury di Kearney. «Si tratta comunque di piccoli volumi di passeggeri e mediamente non sono i tipici consumatori di beni di lusso, ma piuttosto viaggiatori alla ricerca di novità a basso costo». Un tipo di turismo diverso, quindi, da quello che continua a spingere i super ricchi dalla Greater China verso mete tradizionalmente collegate al lusso, ma comunque un booster per le economie locali che mette in luce l’emergere di nuovi comportamenti. «I turisti cinesi stanno spostando sempre più la loro attenzione, e quindi il budget, su prodotti culturali ed esperienziali quali eventi sportivi o musicali, a discapito dello shopping», prosegue Minutella, che cita i dati dell’Economist intelligence unit secondo cui la quota del budget che questi viaggiatori destinano allo shopping è scesa dal 51% del 2019 al 37% del 2023.
Un altro fattore che sta spingendo verso nuove destinazioni sono gli accordi bilaterali sui visti. In particolare, il Sud-est asiatico ha visto un boom di turisti dalla Cina nei primi sei mesi del 2024 proprio grazie ai recenti accordi di esenzione dal visto. Dallo scorso febbraio, Cina e Singapore hanno firmato un accordo reciproco che permette viaggi senza visto per un massimo di 30 giorni, formula applicata da marzo anche tra Cina e Thailandia. Ma l’interesse dei turisti cinesi per questa regione si è esteso di recente anche ai meno battuti Cambogia e Laos, entrambi parte della Bri. Secondo il sito d’informazione sohu.com, tra gennaio e maggio oltre 326 mila cinesi hanno visitato la Cambogia, con un aumento del 43% su base annua, e anche l’introduzione dell’esenzione quindicinale del visto per il Laos sta attirando flussi crescenti di visitatori. Fliggy, il ramo dedicato al digital travel di Alibaba, indica che le ricerche di voli per il Laos sono raddoppiate nell’ora successiva all’annuncio della norma lo scorso 26 giugno.
A registrare i volumi di traffico maggiore in questa nuova geografia del turismo è però l’Asia centrale, in particolare il Kazakistan che condivide uno dei suoi confini con la Cina e il cui governo ha recentemente definito la Repubblica popolare un mercato turistico prioritario e un partner per il Paese, in ragione sia della vicinanza geografica che dei profondi legami storici e culturali. Secondo le statistiche dell’agenzia di viaggi cinese Ctrip, le prenotazioni in Kazakistan da parte di turisti cinesi sono aumentate del 229% su base annua e del 262% rispetto al 2019. A gonfiare i numeri ci ha pensato anche la politica di esenzione reciproca del visto fino a 30 giorni per affari, turismo, trattamenti medici o transito varata lo scorso novembre.
Solo nel 2023 il Kazakistan ha accolto 367 mila turisti cinesi, un numero in crescita di dieci volte sul 2022 e che si prevede raggiungerà le 500 mila unità entro la fine del 2024. Ancora Fliggy ha rilevato che da marzo le prenotazioni di voli dalla Cina per il Kazakistan sono più che triplicate sui 12 mesi precedenti, con la capitale Astana e le città di Almaty e Aktau come mete preferite. Più in generale, il governo dell’ex Paese sovietico mira ad aumentare il numero di turisti nazionali a 11 milioni e quello di turisti stranieri a 4 milioni entro il 2030, portando a 800 mila le risorse impegnate nell’industria turistica entro quella data e promuovendo il potenziamento delle infrastrutture di supporto come strade, hotel e ristoranti.
«Il turista cinese ama lo stile di vita italiano, che possiamo riassumere nelle tre F di food, fashion e furnishing», spiega a MFF Mario Boselli, numero uno di Iccf-Italy China council foundation e presidente onorario di Cnmi. «Se i brand di moda dei grandi gruppi del lusso, che sono già presenti in questi territori, potranno trarre beneficio dai nuovi flussi turistici, vedo meno probabile che le pmi del fashion nostrano vi investano da zero. Diversamente, le aziende italiane attive nell’hospitality potrebbero riconsiderare le loro strategie, coinvolgendo il food e l’arredo con la parte contract». Eppure, anche nelle piccole e medie imprese della moda italiana c’è chi ha puntato proprio su un mercato come il Kazakistan e ne sta raccogliendo i frutti, beneficiando anche del turismo cinese.
«I Paesi ex Urss sono molto importanti per noi», spiega a MFF Alberto Latorre, che guida l’omonima azienda di famiglia specializzata in tailoring e capospalla. «Abbiamo riscontrato che i nostri clienti delle principali città del Kazakistan e dell’Uzbekistan inseriscono nei loro ordini anche le taglie più piccole, il che effettivamente può essere collegato al fatto di avere una nuova clientela di corporatura più minuta».
Anche l’Ungheria e la Serbia stanno sfruttando gli stretti legami con la Cina per attrarre un numero sempre maggiore di turisti. «La Cina vede nell’Ungheria e nella Serbia i due partner più importanti dell’Europa», ha spiegato alla testata online Radio free Europe radio liberty Vedran Dzihic dell’Istituto austriaco per gli affari internazionali, «una sorta di porta che apre lo spazio a un mercato europeo più ampio e a investimenti strategici». Nel 2023, l’Ungheria di Viktor Orban ha registrato oltre 300 mila pernottamenti di turisti cinesi, mettendo in luce l’impatto dell’aumento dei voli diretti. Oggi, l’hub aeroportuale di Budapest offre infatti 21 voli diretti settimanali verso sette città cinesi, tra cui Shanghai e Guangzhou, il che la rende la città dell’Europa orientale meglio collegata al gigante asiatico.
Anche la Serbia sta registrando una crescita esponenziale del numero di turisti cinesi. Nel 2023 sono stati 85 mila, in aumento del 230% su base annua e con un soggiorno medio di circa tre notti, secondo i dati delle agenzie Qunar e Tuniu. Si tratta di numeri che sembra essere negli interessi di entrambi i Paesi aumentare, con la Serbia che punta a fare dei turisti cinesi il suo più grande contingente di visitatori internazionali nei prossimi due anni. Questo anche alla luce dei legami sempre più stretti tra il governo del presidente Aleksandar Vucic e quello di Xi Jinping, la cui ultima visita di stato in Serbia, lo scorso maggio, è stata definita dal quotidiano China’s people’s daily una «pietra miliare nelle relazioni bilaterali». (riproduzione riservata)