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Politica

Quale sviluppo per la Cina al 2030? Ecco i problemi aperti

Nel Position Paper annuale della Camera di commercio europea in Cina sono delineate le raccomandazioni raccolte da 1.600 imprese europee ai policy maker cinesi che si apprestano a varare il 15° piano quinquennale che guiderà la Repubblica popolare alla fine del decennio


24/09/2025 12:06

di Carlo Diego D'Andrea*

settimanale
Carlo Diego D'Andrea, vicepresidente Camera di commercio europea in Cina

La Camera di Commercio Europea in Cina ha pubblicato il suo Position Paper annuale, il principale documento di advocacy, che raccoglie 1.141 raccomandazioni dettagliate e costruttive rivolte ai policymaker cinesi impegnati nella fase preparatoria del 15° Piano Quinquennale (2026–2030). Si tratta di un lavoro sviluppato grazie al contributo di oltre 1.600 aziende europee, suddivise in 51 gruppi di lavoro, sottogruppi, desk di settore e forum.

Il report segnala che gli ultimi cinque anni sono stati segnati da eventi epocali come la pandemia da Covid-19 e l’aggressione russa all’Ucraina, che hanno profondamente inciso sugli equilibri globali. Parallelamente, il 14° Piano Quinquennale (PQ) cinese ha introdotto cambiamenti di rilievo. Tuttavia, a differenza dei precedenti, il 14° PQ non prevedeva un obiettivo esplicito di crescita: una presa d’atto, da parte di Pechino, che mantenere i ritmi di espansione vertiginosa delle due decadi precedenti non fosse più realistico – né così centrale – per un’economia ormai matura.

Il 14° PQ rifletteva anche il desiderio della Cina ad una maggiore autosufficienza, volto a mitigare l’impatto che gli shock esterni e le tensioni geopolitiche avrebbero potuto avere sulla sicurezza economica del Paese. Ciò è stato rafforzato dalla politica della “doppia circolazione”: stimolare la domanda interna e, al contempo, creare condizioni favorevoli per gli investimenti esteri e le esportazioni, comportando profonde implicazioni per il business sia in Cina che a livello globale.

Sul fronte interno, l’enfasi del Paese all’autosufficienza ed allo sviluppo di tecnologie proprietarie ha spesso favorito in modo sproporzionato gli operatori locali. Sul fronte esterno, il ruolo della Cina nelle catene globali del valore si è rafforzato, riducendo le dipendenze dai mercati esterni: la quota cinese sulle esportazioni globali via container è passata dal 32% nel 2019 al 34% nel 2023, e si stima abbia raggiunto il 36% nel 2024.

Alla luce di questa analisi, quali sviluppi ci si può attendere dal 15° PQ? Le informazioni disponibili sono ancora scarse, con solo alcuni temi generali diffusi dai media ufficiali. Tuttavia, le imprese europee hanno già formulato alcune raccomandazioni chiave che, ove accolte, potrebbero contribuire a stimolare lo sviluppo della Cina e ad attrarre maggiori investimenti diretti esteri.

1.     Affrontare le questioni strutturali di fondo

Il rallentamento dell’economia cinese rappresenta da tre anni consecutivi la principale preoccupazione dei membri della Camera. Nonostante i consumi interni siano in crescita, il nodo cruciale – come già evidenziato – è che la produzione manifatturiera cresca ad un ritmo più rapido. Tra gennaio e agosto 2025, le vendite al dettaglio sono aumentate del 4,6% su base annua (un dato degno di nota, superiore a quello di molti Paesi europei), mentre la produzione industriale è salita del 6,2%.

Da questo squilibrio derivano conseguenze naturali: “involuzione”, aumento delle scorte, compressione dei margini di profitto, riduzione del tasso di utilizzo degli asset e pressioni sull’export. Per questo la Camera raccomanda di spostare l’attenzione sul sostegno alla domanda interna più che sull’offerta. Affrontare nodi strutturali – come la debolezza del sistema di sicurezza sociale, che si traduce in alti costi per l’alloggio e per l’assistenza a bambini e anziani – rappresenta una soluzione di lungo periodo per stabilizzare la domanda. Nell’immediato, invece, l’aumento dei redditi dei ceti più deboli potrebbe costituire un primo passo concreto per contrastare il rallentamento dei consumi.

2.     Dare più spazio al mercato nell’allocazione delle risorse

Nel corso del Terzo Plenum del Comitato centrale del Partito Comunista Cinese, tenutosi nel luglio del 2024, è stata ribadita la volontà di affidare al mercato un ruolo decisivo nell’allocazione delle risorse. Tuttavia, negli ultimi dodici anni si è assistito a un ritorno di centralità delle imprese di Stato (SOE), spesso a scapito del settore privato. Una dinamica in contraddizione con la retorica di mercato e che frena la produttività complessiva, dato che le imprese private utilizzano il capitale in modo più efficiente.

Un segnale positivo nel 2025 è stata l’introduzione della prima legge cinese a sostegno del settore privato e delle piccole e medie imprese. Per evitare che lo sviluppo in aree strategiche porti a saturazione e competizione insostenibile, occorre un approccio più bilanciato. Nonostante la leadership abbia riconosciuto il problema della “concorrenza disordinata a basso prezzo”, le misure concrete per affrontare la situazione tardano ad arrivare.

3.     Creare rapporti commerciali più equi

La crescente dipendenza della Cina dalle esportazioni ha aggravato gli squilibri commerciali con molti partner, spingendoli ad adottare contromisure. Con i dazi USA, ci si attendeva un avvicinamento tra UE e Cina, ma i funzionari europei hanno sempre chiarito che il rafforzamento delle relazioni deve basarsi su un rapporto più “equo e bilanciato”.

Crescono quindi le domande: con un deficit commerciale in costante aumento, e le esportazioni europee verso la Cina in calo, cosa ci guadagna davvero l’Europa? Se i benefits non sono più distribuiti equamente, ha senso mantenere l’attuale livello di apertura alle importazioni dalla Cina?

4.     Proseguire la transizione green

La Cina intende ridurre al minimo le emissioni di carbonio prima del 2030 e ha già compiuto progressi notevoli nella transizione energetica, sia in termini di investimenti nelle energie rinnovabili che di ampliamento della propria capacità: nel 2024 ha confermato la sua leadership mondiale negli investimenti green, rappresentando il 39% del valore totale globale e i due terzi dell’incremento mondiale. Il 14° PQ aveva attribuito grande importanza all’energia e al cambiamento climatico, come dimostra il numero significativo di indicatori di sviluppo economico e sociale dedicati a questi ambiti.

Secondo le analisi degli esperti, la sfida che ci attende è che la Cina potrebbe non raggiungere i suoi obiettivi di riduzione dell’intensità delle emissioni, poiché la transizione da un’economia ad alta intensità di carbonio a una low-carbon è frenata dalle difficoltà di trasformare il modello di crescita. Un ostacolo chiave è rappresentato dal fatto che la domanda di energia cresce più rapidamente rispetto al ritmo con cui le energie rinnovabili vengono integrate nel sistema. Le imprese europee, spinte da molteplici fattori esterni al percorso di sostenibilità cinese a perseguire la neutralità carbonica, sono in una posizione ideale per contribuire in diversi ambiti alla transizione green della Cina.

5.     Avanzare nella transizione digitale in modo inclusivo

Da quasi un decennio la Cina sta delineando il proprio quadro normativo in materia di cybersicurezza e protezione dei dati, con l’adozione di leggi fondamentali già all’inizio del periodo coperto dal 14° Piano Quinquennale. La combinazione tra la crescente digitalizzazione e il numero sempre maggiore di regolamentazioni connesse esercita ulteriori pressioni sulle multinazionali che, a differenza dei concorrenti domestici, sono obbligate a condividere diversi tipi di dati con le proprie sedi centrali all’estero.

Sebbene possa sembrare logico che la digitalizzazione cinese generi opportunità per le aziende straniere del settore ICT, la realtà è che l’accesso al mercato è diventato progressivamente più limitato. Ad esempio, nonostante le imprese europee abbiano svolto un ruolo decisivo nelle prime fasi di sviluppo delle reti mobili in Cina, la loro quota di mercato risulta essere scesa da circa il 30% durante la diffusione della tecnologia 4G a valori minimi, nell’ordine di pochi punti percentuali, con l’introduzione del 5G nel 2023.

Se da un lato il sostegno delle politiche industriali ai settori strategici nazionali è comprensibile entro limiti ragionevoli e proporzionati, dall’altro i mercati commerciali dovrebbero restare liberi da eccessive imposizioni legate alla localizzazione. Garantire l’accesso al mercato, offrendo a tutte le imprese pari opportunità di contribuire pienamente allo sviluppo del mercato, è infatti cruciale per mantenere e rafforzare quelle interdipendenze vitali che restano fondamentali per la crescita economica globale.

Il piano dovrebbe essere approvato al prossimo Plenum del Comitato Centrale del PCC, previsto per ottobre 2025, e reso pubblico durante le “Due Sessioni” del marzo 2026. Con le sue 1.141 raccomandazioni, la Camera di Commercio dell’Unione europea offre alle autorità cinesi un quadro completo per affrontare queste sfide e creare un ambiente commerciale favorevole sia per le imprese europee sia per la Cina. (riproduzione riservata)

*vicepresidente nazionale della Camera di Commercio dell’Unione Europea in Cina, managing partner di D’Andrea & Partners Legal Counsel


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