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Mercati asiatici ai massimi storici con il tech cinese in testa

La sospensione dei dazi da parte del presidente statunitense Donald Trump ha allentato le tensioni commerciali con la Cina. Ma a supportare la performance è anche la tenuta dell'economia reale e la buona qualità degli utili societari, con il comparto azionario cinese in crescita del 10% da inizio anno


25/06/2025 17:20

di Mauro Romano - Class Editori

settimanale

Nonostante le persistenti tensioni geopolitiche, i mercati asiatici si stanno avvicinando ai massimi storici. A favorire la dinamica recente è stata la sospensione dei dazi da parte del presidente statunitense Donald Trump, che ha allentato le tensioni commerciali con la Cina. Ma a supportare la performance è anche la tenuta dell'economia reale e la buona qualità degli utili societari, con il comparto azionario cinese in crescita del 10% da inizio anno e quello "ex-China" in rialzo del 5%.

Secondo Jean-Marie Mercadal, ceo di Syncicap, società partecipata da Ofi Invest AM, la tregua commerciale è stata dettata dal riconoscimento, tanto da parte di Washington quanto da Pechino, che un'escalation avrebbe danneggiato entrambe le economie. Allo stesso tempo, tuttavia, la Cina sta accelerando nella costruzione di una propria autonomia strategica: è stato recentemente annunciato un accordo con l'Indonesia per regolare i pagamenti transfrontalieri in renminbi, mentre le importazioni dall'Unione Europea sono aumentate in occasione del cinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra le due sponde.

Pechino ha inoltre rafforzato i legami con i Paesi del Golfo, offrendo competenze, tecnologia e infrastrutture per la transizione energetica in cambio di forniture di energia. Un modello di interscambio che ha ridotto il peso delle esportazioni verso gli Stati Uniti al 3% del Pil cinese. In parallelo si sta sviluppando una parziale disconnessione anche sul piano finanziario: il downgrade del debito statunitense da parte di Moody's ha accelerato la sostituzione dei Treasury con riserve in oro, consolidando un trend già in atto.

Dal punto di vista interno, Pechino continua ad affrontare ostacoli strutturali. La fiducia dei consumatori non è ancora pienamente ristabilita, complice l'alta disoccupazione giovanile e le persistenti fragilità del mercato immobiliare. La Cina, ricorda Mercadal, ha un debito totale vicino al 300% del Pil e non possiede oggi lo spazio fiscale necessario per costruire un sistema robusto di welfare e pensioni capace di stimolare i consumi. Allo stesso tempo, la sovrapproduzione alimenta una forte competizione interna e mantiene le pressioni deflazionistiche, visibili in settori come quello dell'auto: Byd, per esempio, ha tagliato i prezzi tra il 10% e il 30% a seconda dei modelli, ma, secondo le ultime notizie, è stata costretta a rallentare la produzione, eliminando i turni notturni, per l'eccessivo accumularsi di prodotti nei magazzini.

Eppure, i dati trimestrali mostrano segnali confortanti. Le aziende quotate a Hong Kong hanno registrato una crescita del 6,5% rispetto al trimestre precedente, con un risultato annuale atteso attorno all'8,3% e una proiezione di +11,8% per il 2026. Ancora migliori le società di Shanghai: +8,9% trimestre su trimestre, con un +16% stimato per la fine del 2025 e un +12,4% per l'anno successivo. Al di fuori della Cina, i segnali sono altrettanto positivi. In India la crescita ha superato le attese e anche il mercato obbligazionario in valuta locale ha guadagnato il 9,7% da inizio anno. Il movimento riflette un clima di incertezza globale che sta spingendo molti investitori a ridurre l'esposizione al dollaro e a riconsiderare l'Asia come destinazione privilegiata. (riproduzione riservata)


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