L’istantanea sullo stato di salute dell’economia cinese contiene, in questa metà di ottobre, quattro dettagli: consumi in valore stabili, se non raffreddati, senza alcun incremento; mercato immobiliare negativo e in sofferenza; disoccupazione giovanile all’apice nel mese di agosto e scambio commerciale a settembre in decisa crescita rispetto ai dati di agosto e in ragione d'anno, a dispetto della situazione internazionale.
Questi fatti sono premessa e perimetro entro i quali dovrà essere elaborato il XV piano quinquennale 2026-2030 in discussione dal 20 al 23 ottobre nel Quarto plenum del Comitato Centrale del Partito Comunista cinese.
Dalle prime indiscrezioni sui contenuti del documento che dovrà costituirne la sua cornice, il quadro di riferimento è l’assetto geopolitico con l’acutizzarsi in questi giorni del rapporto tra Cina e Stati Uniti e più in generale di un’incrinata stabilità mondiale ed il “che fare” per bilanciare all’interno del Paese una congiuntura non brillante.
L’attenzione viene posta sugli investimenti stranieri (FDI) che negli ultimi anni hanno subito un declino contribuendo a creare una certa mancanza di interesse nei confronti della Cina, talvolta a ragion veduta, tal’altra solo per sentito dire.
Le chiare indicazioni sono quelle di una qualità e non quantità di investimenti che devono avere come caratteristica peculiare una complementarietà con le direttrici di sviluppo del Paese ovvero essere di supporto alle soluzioni di problemi esistenti: per esempio l’industria farmaceutica, il settore dell’health care e quello dell’intelligenza artificiale possono creare valore per un migliore e più efficiente sistema sanitario, per risolvere l’universo della silver age ed entrare anche in un circolo virtuoso delle diverse sfaccettature dell’intelligenza artificiale.
“La mentalità sta cambiando da quantità a qualità” è il mantra ribadito da più voci come Sun Xuengang, presidente di una franco-cinese start up incubator organization.
Se questo è il percorso che vedremo confermato dal piano finale viene da chiedersi come si dovranno porre le aziende escluse da questo perimetro e se quelle selettive richieste potranno compensare la cospicua perdita di investimenti che vi è stata negli anni passati.
Infatti nel 2024 i FDI erano stati pari a 116 miliardi di dollari americani con una diminuzione del 27,1% rispetto all’anno precedente e al 33% rispetto al picco del 2022, anno del post covid con 172 miliardi di dollari. Anche nei primi otto mesi del 2025 gli investimenti esteri pari a 71 miliardi di dollari hanno subito un calo del 12,7% anno su anno.
In questo contesto, la disoccupazione giovanile ha registrato ad agosto un picco del 18,9%, il più alto livello da quando nel 2023 è stato modificato dal Governo il sistema di calcolo. Se la qualità del settore industriale si concentrerà sulle aree sopra evidenziate e gli skill della giovane forza lavoro non potranno integrarsi nell’organizzazione aziendale, quali prospettive avranno questi giovani?
Un altro tema importante che contribuisce alla definizione e stesura del piano è il ruolo dei grandi investimenti per le infrastrutture che sono state per buona parte il motore del cambiamento della Cina a partire dagli anni novanta in particolar modo dello spostamento del baricentro dalle regioni costiere sia orientali che meridionali verso i territori dell’ovest.
Prova ne sia la diffusione della rete ferroviaria per oltre 50 mila chilometri, prevalentemente ad alta velocità, della rete autostradale e delle centinaia di nuovi aeroporti anche in città di terza e quarta fascia che hanno permesso il movimento di persone e merci. L'impressionante crescita degli ultimi anni nei servizi e nell'e-commerce, in particolare, nato in Cina con Alibaba e sviluppatosi sino alla consegna annuale di miliardi di confezioni, è figlia di quella politica.
Oggi è ancora necessario puntare sulle infrastrutture con anche i rischi di pesanti indebitamenti delle province, prime attrici a richiedere FDI? Li Chunlin, vice-presidente della National Development Reform Commission (Nrdc) sostiene che ”per guidare lo sviluppo economico futuro e migliorare la qualità della vita della popolazione è essenziale mantenere un certo livello di investimenti”.
La controprova è che nelle ultime vacanze correlate alla Festa della Repubblica e alla celebrazione della Festa della Luna sono stati registrati 2,4 miliardi di viaggi: risultato possibile solo per la pervasiva connettività del Paese.
Quest’ultima considerazione si lega a un altro tema che assume la connotazione di punto dolens permanente: il calo dei consumi come trend erratico. In Cina i consumi rappresentano ancora solo il 40% del pil contro il 65% nei paesi cosiddetti maturi. La pratica del concetto keynesiano della domanda aggregata cioè “della quantità di beni e servizi di un’economia nazionale che tutti i soggetti sono disposti ad acquistare” non è ancora parte, in Cina, dei piani quinquennali, come conferma il dato di settembre sul leggero calo (0,3%) dell'inflazione, anno su anno, indice della scarsa propensione al consumo della popolazione.
Riuscirà il nuovo piano a ridare il fiato (e la fiducia) necessario all'economia perché la Cina torni ad essere centro di interesse sia economico che culturale come è stato nei tre lustri precovid? (riproduzione riservata)