“Diplomazia della Crescita: Destinazione Cina” è il titolo del report che l'Ambasciata italiana di Pechino, guidata dal capo missione Massimo Ambrosetti, ha rilasciato oggi, al termine di un lungo e minuzioso lavoro che ricostruisce il perimetro della presenza italiana nella Repubblica popolare e soprattutto nel delinea le possibilità di sviluppo.
Il report, articolato in un centinaio di pagine, aggiorna con precisione il quadro della normativa dal punto di vista di chi voglia intraprendere un percorso di avvicinamento al mercato cinese con particolare attenzione anche ad aspetti meno divulgati, per esempio il costo dei fattori produttivi, da cui emerge la dinamica (contenuta) del costo dell'energia o del prezzo di acquisto del suolo industriale, piuttosto che la dinamica salariale in una ventina di settori industriali e di servizi, che evidenzia una crescita del costo medio di un dipendente urbano di quasi il 35% tra il 2019 e il 2023.
La pubblicazione cade in un momento non particolarmente favorevole dal punto di vista degli scambi commerciali tra Italia e Cina, con l'export di made in Italy in contrazione (-11%, secondo dati delle Dogane cinesi) anche nei primi sei mesi di quest'anno, mentre il flusso totale degli scambi è cresciuto del 20%, denunciando quindi un appesantimento della bilancia commerciale, tradizionalmente in rosso per l'Italia.
A bilanciare, in parte, il saldo negativo per l'Italia dei rapporti commerciali sono gli investimenti diretti che nel 2024 hanno raggiunto 532 nilioni di euro, contro 1,6 miliardi registrato nel 2022, numero che sembrerebbe indicare una condizione di wait&see da parte degli investitori, in un contesto economico cinese dove crescono produzione e concorrenza, ma i consumi interni stentano a decollare, premiando quindi chi produce per il mercato industriale e penalizzando chi si rivolge direttamente al consumatore finale.
D'altra parte il report dell'Ambasciata arriva nel momento opportuno per indicare quali saranno le possibili strade per alimentare un parternariato strategico tra i due paesi, come auspicato dalle due amministrazioni, che nella fase attuale brilla soprattutto per le iniziative e gli scambi culturali.
Il varo del programma economico 2026-2030, quindicesimo piano quinquennale della Repubblica popolare, le cui linee guida sono già state evidenziate dai vertici dello Stato, prospetta un contesto macroeconomico con molteplici opportunità per le imprese italiane, come il report evidenzia in dettaglio, analizzando singoli settori, tra cui il farmaceutico o meglio l'economia della salute, food&beverages, meccanica avanzata, tessile e abigliamento.
Infatti il processo di trasformazione strutturale del sistema economico che Pechino prospetta nei prossimi anni, superando il modello basato sulla manodopera a basso costo, sui grandi investimenti infrastrutturali e sulle industrie pesanti con investimenti su settori strategici di alta fascia, ed una maggiore innovazione delle filiere tradizionali, dovrebbe portare a un target di crescita annua stabile intorno al 5%, con l'obiettivo di arrivare a un pil pro-capite di 30 mila dollari, cioè il livello attuale di un'economia sviluppata, l'anno entro il 2035. In sostanza un mercato in cui non si potrà non essere presenti per chi opera in un'economia trasformativa come quella italiana. (riproduzione riservata)