Stabilizzare l'economia senza inondarla di credito. Una strategia che i policy makers cinesi stanno adottando fin dall'inizio della pandemia di Covid-19, e che contraddistingue la posizione di Pechino rispetto a quella di Europa e Stati Uniti. La parola d'ordine dei decisori del Dragone è sempre stata una sola: sviluppo della domanda interna e della spesa domestica, al fine di sbloccare i consistenti risparmi dei cittadini.
Nel delineare questo scenario macro per gli investimenti in Cina, l'economista di Capital group Stephen Green segnala però un altro aspetto importante: "Non appena l'entità del prossimo collasso delle esportazioni (conseguenza di stimoli alla domanda interna e tensioni commerciali, ndr) si farà più chiara", sottolinea l'esperto, "è probabile che Pechino lancerà un mini-stimolo fiscale". Quanto al suo ammontare, l'esperto prevede un varo di molto inferiore rispetto a quello della crisi finanziaria del 2008-2009 (pari al 10% del pil), che dovrebbe attestarsi intorno al 5% del prodotto intorno lordo del Paese. "Questo potrebbe essere sufficiente per stabilizzare l'economia cinese nella seconda metà del 2020 e fornire un sostegno alla crescita nel 2021", prosegue Green.
I mercati azionari cinesi si sono ripresi abbastanza bene dopo l'emergenza sanitaria del Covid-19, che in Cina sembra essere ormai in fase di risoluzione definitiva: nelle ultime ora i nuovi contagi (stando ai comunicati ufficiali) sono stati meno di 50, la maggior parte dei quali "importati", e non sono stati registrati nuovi decessi. In totale da inizio pandemia, il Paese ha avuto meno di 85 mila contagi e 4,6 mila vittime. Quasi nulla, se si pensa che tutto è partito proprio dalla Cina e che il Paese più popoloso al mondo ha avuto ben 157 mila morti in meno rispetto agli Stati Uniti.
"Eppure", mette in guardia Green, "è probabile che si verifichino periodi di volatilità", influenzata dalla debole ripresa dei consumi, dalle preoccupazioni sulla catena di fornitura e dalle "opinioni divergenti sulla forza dell'economia cinese". Senza dimenticare ovviamente le preoccupazioni commerciali, con i dissidi tra Washington e Pechino che hanno incluso negli ultimi giorni alcuni dei punti di forza del Dragone, i colossi tech Tencent e Bytedance (case madri dei social globali WeChat e TikTok). Nella sola giornata di venerdì 7 agosto le azioni Tencent a Hong Kong hanno registrato flessioni intorno al 7%.
Gli esperti di Capital group, in questo scenario, non mettono in dubbio la ripresa, ma la pronosticano "lenta e graduale", con un crollo delle esportazioni stimato tra il 20% e il 30% su base annua e consumi a singhiozzo a causa del fatto che "le persone sembrano essere ancora reticenti a uscire dalle loro case, e questo è in parte riflesso nei dati relativi ai viaggi e alla ristorazione, ben al di sotto dei livelli del 2019".
Dove investire, quindi? La pandemia ha dimostrato come gli stimoli governativi alla ripresa non siano più orientati verso la costruzione di nuovi edifici o strade, ma in favore delle infrastrutture digitali e delle reti di comunicazione 5g. "Le società nazionali più innovative dovrebbero continuare a beneficiare di una tendenza emergente alla localizzazione o dell'approvvigionamento di beni e servizi dall'interno", evidenzia Green, per poi ricordare l'importanza di piattaforme online come quelle di Tencent e Alibaba.
Il digitale va poi di pari passo con un altro tema di investimento fondamentale, legato ai servizi di assistenza sanitaria, tradizionali e tech. Molte società cinesi sono in prima linea per lo sviluppo di vaccini contro il Covid-19, e il distanziamento sociale ha permesso di implementare forme di assistenza medica tramite gli smartphone (ambito questo in cui proprio Tencent e Alibaba si sono mostrate particolarmente recettive). Oltre alla contingenza storica, a guidare questa crescita del settore medico ad alto contenuto tecnologico ci sarebbero "l'invecchiamento della popolazione cinese e la domanda di servizi di maggiore qualità da parte degli ospedali del settore privato".
Altri due settori interessanti, secondo Capital group, sarebbero quelli dei prodotti assicurativi basati sulla protezione, conseguenza di una maggiore domanda di sicurezza alimentare, esercizio fisico e assistenza sanitaria privata, e quelli dei viaggi interni, "con le destinazioni che passeranno da internazionali a nazionali a causa delle restrizioni e di un certo grado di ridimensionamento da parte dei consumatori sensibili ai prezzi".
Infine, l'analisi delinea il comportamento dei consumatori cinesi, individuando nelle città più ricche (livello 1 e 2) una certa predilezione per i brand premium e trading up, quelli cioè che aggiungono valore ai prodotti dotandoli di nuove caratteristiche che garantiscono superiori benefici ai consumatori. Spazio quindi alle multinazionali con forte presenza nel Paese, che possono "beneficiare di portafogli di brand rinomati". (riproduzione riservata)