Negli ultimi 12 mesi, la Cina è diventata un concorrente della Ue ancora piú forte, sia nei mercati terzi che, poichè i dazi statunitensi deviano i flussi, all'interno dell'Europa stessa. Da dicembre dello scorso anno, il surplus commerciale della Cina con l'Ue è aumentato di quasi il 20%.
Lo ha detto Mario Draghi, l'ex presidente del consiglio italiano, a Bruxelles, durante la conferenza 'One Year After the Draghi Report', sottolineando che «l'inazione minaccia non solo la nostra competitività, ma la nostra stessa sovranità". Abbiamo anche visto come la capacità di risposta dell'Europa sia limitata dalle sue dipendenze, anche quando il nostro peso economico è considerevole». «A un anno dalla presentazione del mio rapporto l'Europa è una posizione ancora più complessa. Il nostro modello di crescita sta svanendo. Le vulnerabilità aumentano. E non esiste un percorso chiaro per finanziare gli investimenti di cui abbiamo bisogno», ha ribadito Draghi.
Nel corso dell'ultimo anno, ha spiegato, le fondamenta della crescita europea - l'espansione del commercio mondiale e le esportazioni di alto valore - si sono ulteriormente indebolite. Gli Stati Uniti hanno imposto i dazi piú elevati dai tempi dello Smoot-Hawley.
Draghi ha sottolineato infatti che la dipendenza dagli Stati Uniti per quel che riguarda la difesa «è una delle ragioni per cui abbiamo dovuto accettare un accordo commerciale in gran parte alle condizioni americane. La dipendenza dai materiali critici cinesi ha ridotto la nostra capacità di impedire che la sovraccapacità della Cina inondasse l'Europa o di contrastare il suo sostegno alla Russia».
È vero, ha detto, che «l'Europa ha iniziato a rispondere" ma "poichè gli Stati Uniti assorbono circa tre quarti del deficit globale delle partite correnti, diversificare al di fuori del suo mercato è irrealistico nel breve termine. L'accordo Mercosur con l'America Latina, però, può offrire un certo sollievo agli esportatori. La Commissione ha avviato progetti strategici per le materie prime critiche. E la spesa per la difesa sta aumentando rapidamente».
«Questi impegni in materia di difesa, tuttavia, si aggiungono a un fabbisogno finanziario già enorme», ha ricordato l'ex premier italiano, evidenziando che «la Bce stima ora il fabbisogno annuo di investimenti per il periodo 2025-2031 a quasi 1.200 miliardi di euro, in aumento rispetto agli 800 miliardi di euro di un anno fa. La quota pubblica è quasi raddoppiata, dal 24% al 43%, ovvero 510 miliardi di euro in più all'anno, poiché la difesa è finanziata principalmente con fondi pubblici. Lo spazio fiscale è scarso e senza questa nuova spesa il debito pubblico europeo è destinato a crescere del 10% nei prossimi 10 anni, raggiungendo il 93% del Pil».
Per Draghi, in alcuni settori cruciali come la difesa e lo spazio «l'Europa deve iniziare a comportarsi meno come una confederazione e più come una federazione. Ma una tale riforma richiederà tempo, tempo che potremmo non avere. Nel frattempo, il progresso potrebbe dipendere da coalizioni di persone volenterose, utilizzando meccanismi come la cooperazione rafforzata. Anche senza modifiche ai trattati, l'Europa potrebbe già fare molto di più concentrando i progetti e mettendo in comune le risorse. Solo l'unità di intenti e l'urgenza di risposta dimostreranno che sono pronti ad affrontare tempi straordinari con azioni straordinarie». (riproduzione riservata)