Quotidianamente in Cina l’argomento che catalizza l’attenzione è quello sullo stato di salute dei consumi. L’indice si alza o si abbassa di insignificanti variazioni con la sola speranza che il consumatore cinese aumenti la sua capacità di spesa e contribuisca a far muovere un’economia che paradossalmente si difende nell’export, ha un buon pil nel primo semestre (+5,2% su base annua) ma è vittima del circolo vizioso del mercato domestico.
Secondo dati forniti dal Mofcom (Ministero del commercio) il mercato cinese del consumer totalizzerà nel 2025 un valore di 7 trilioni di dollari. Di conseguenza, se nel passato questo mercato rappresentava l’80% del mercato americano, con il computo della World Bank, se confermato, dovrebbe valere 1,6 volte quello americano. In assoluto, tuttavia, questo mercato non esprime il completo potenziale che dovrebbe originare.
Infatti, trascurando il settore immobiliare che nelle variazioni dello scorso mese di giugno ha avuto un calo inconsistente dello 0,3% dei prezzi in rapporto a compravendite quasi cristallizzate e, lasciando pure a parte il retail dell’abbigliamento in sofferenza, salvo qualche eccezione, per i brand stranieri prestigiosi, il caleidoscopio del nostro osservatorio ci porta a situazione variegate, talvolta in contraddizione l’una con l’altra che comunque confermano uno stato generale di debolezza.
La ristorazione sia sotto l’aspetto del delivery che del retail piuttosto che di Horeca è un caso esemplare. Grazie alla politica dei coupons e dei sussidi il delivery negli ultimi mesi ha avuto un importante incremento. La società leader in questa calda estate è la cinese Meituan che nelle ultime settimane ha totalizzato solo nella giornata di sabato 150 milioni di ordini di cui 400.000 con un valore di circa 70 euro.
Il suo turnover è cresciuto rispetto allo scorso anno del 111%. A competere con Meituan troviamo J.D com, leader nell’e-commerce, Eleme e la recente Taobao Fresh Sale controllate da Alibaba. Un solo significativo esempio cui il consumatore cinese non rinuncia: una bevanda di bubble tea della catena di Antea con un prezzo di vendita di 1,80 euro che con il coupon viene a costare 50 centesimi.
Invece, sul fronte della distribuzione retail, a parte le catene cinesi, di straniero è rimasto solo la società tedesca Metro Cash&Carry all’ingrosso, entrata in Cina nel 1996 ed oggi con 98 punti vendita (l’ultimo dei quali aperto nel gennaio scorso nell’isola di Hainan) e le americane Costco e Sam’s di Walmart.
Dal momento che recentemente vi sono state lamentele da parte dei clienti di Sam’s ho visitato lo store di Shanghai, uno dei 49 dislocati nelle città cinesi. A differenza di altri retails la formula è quella del cliente membership la cui quota annuale ha un costo base di 35 euro; vi è la possibilità anche di scegliere una soluzione più costosa pari a 100 euro con maggiori benefici.
Per questa ragione gli associati si sono lamentati con il management perché alcuni prodotti vestiti di esclusività sono stati trovati in altre catene di retail. Essendo strutturato come la grande distribuzione americana, il dispaly è una sorta di percorso in una area logistica specialmente nel piano dedicato al grocery. Diversa atmosfera nel reparto del fresco dove ad una densità maggiore di clientela si aggiunge un’interessante varietà di prodotti.
A onore di cronaca la maggior parte dei prodotti sia grocery che freschi sono cinesi o asiatici. Molti i prodotti americani, le carni sono importate e di italiano c’è ben poco: acqua minerale, una decina di vini, un tipo di pasta, qualche bottiglia di olio di oliva, macchine per caffe e qualche capo di abbigliamento sportivo.
Va detto che la maggior dei prodotti ha il logo di appartenenza Member’s Mark.Il packaging è prevalentemente in bulk ed anche le confezioni di fresco e di piatti pronti ha dimensioni per famiglia numerosa. La spesa media registrata e di circa 150 euro. Qui trova spazio di acquisto la classe media cinese che deve anche avere lo spazio nella propria abitazione per riporre confezioni non da minimarket.
In linea con la classe media cinese Sam’s nel 2024 ha avuto ricavi per 14 miliardi di dollari e nel primo trimestre dell’anno in corso i ricavi sono stati superiori del 22,5% rispetto all’anno precedente.
Fanno da contrappunto altre situazioni sempre nel settore Horeca: la prima riguarda hotel stellati che avendo perso clientela per eventi e banchetti stanno trasformando le loro cucine in catene di produzione di street food con ordini porzionati con una forchetta di spesa tra 3 e 10 euro. Su questa situazione, specialmente fuori da circuiti turistici quali Pechino e Shanghai, pesa molto la occupancy delle stanze che spesso è sotto il 50%, soglia minima per la gestione di un hotel.
Un altro segnale preoccupante è l’incremento del consumo di istant noodle, ormai fenomeno comune a impiegati e operai che rappresenta l’iperbole delle frustrazioni e delle preoccupazioni di perdere il posto di lavoro. In alcune realtà i salari sono stati decurtati e i costi per una famiglia rimangono inalterati soprattutto per le poche giovani coppie.
A questo quadro non confortante si aggiunge l’annosa questione dell’occupazione giovanile. Il National Bureau of Statistics (NBS) ha pubblicato, la settimana scorsa i dati della disoccupazione giovanile urbana (16-24 anni) il cui tasso è calato rispetto a maggio dal 14,9% al 14,5%, mentre quello nazionale è del 5%, ma la preoccupazione riguarda l'ondata di 12 milioni di laureati che usciranno questo mese dalle università.
Quali prospettive per loro? Lo sviluppo tecnologico richiederà nuova linfa vitale? A quali condizioni retributive? E chi non potrà entrare in questo circolo apparentemente virtuoso quale futuro gli si prospetterà? Sono tutte domande oggi senza risposta ma che influenzeranno i consumi e, secondo la Piramide di Maslow o scala gerarchica dei bisogni, quelli alimentari classificati come fisiologici, avranno la priorità. (riproduzione riservata)
* corrispondente da Shanghai, dove vive e lavora da 30 anni