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Azienda Energetico

Idrogeno, in Cina i costi per produrlo sono un terzo dell'Europa

Marco Alverà, co-founder di Zhero e co-founder e ceo di Tes, ha lanciato l'allarme costi, per non diventare dipendenti dal Dragone anche nella produzione di questo vettore energetico indispensabile nel tragitto verso la decarbonizzazione


27/10/2023 14:16

di Pier Paolo Albricci - Class Editori

settimanale
Marco Alverà

«La sfida che attende il mercato dell'idrogeno è farlo funzionare senza sussidi. La soluzione da percorrere è quella di abbassare il costo degli elettrolizzatori. Solo così l'Europa può essere competitiva rispetto a un Paese come la Cina. Infatti, a oggi in Cina un elettrolizzatore costa 300 euro al KW, mentre in Europa 1000 euro al KW. Per avere successo è necessario che i governi intervengano in qualità di intermediari, attraverso delle operazioni di procurement».

Lo ha dichiarato Marco Alverà , co-founder di Zhero e co-founder e ceo di Tes, a margine del Workshop Annuale dell'Osservatorio H2 Verde Agici-Fichtner, dal titolo 'Idrogeno: da scommessa a pilastro della decarbonizzazione. Serve un cambio di passo!', sottolineando che "la sottoscrizione di grandi contratti per l'acquisto centralizzato degli elettrolizzatori è l'unica strada per ottenere prezzi di favore, agevolando il sistema e rendendo il nostro Paese competitivo».

«La tecnologia per costruire queste grandi fabbriche esiste ed è già una realtà in Cina, pertanto deve essere utilizzata. Se non abbassiamo i costi, spenderemo miliardi in sussidi che andranno tutti, inevitabilmente, solo a favore della Cina», ha spiegato.

Tra le prime indicazioni, lo studio Agici-Fichtner dimostra come le tecnologie per l’idrogeno siano già presenti e diffuse, ma le capacità di applicarle in un modello di scala sono ancora limitate. Un particolare approfondimento è stato condotto sulle tecnologie per gli elettrolizzatori, facendo emergere come maggiormente efficienti quelli alcalini e a membrana a scambio protonico (PEM).

Rispetto a quest’ultimi, le previsioni dell’Osservatorio mostrano come uno scale up della produzione possa dimezzarne i costi entro il 2030 (da 800 a 400 €/kW). Focus anche sulle modalità di trasporto dell’idrogeno: attraverso un’analisi comparativa, l’Osservatorio ha mostrato come le pipeline (idrogenodotti) siano preferibili per il trasporto di grandi volumi su lunghe distanze, mentre per quanto riguarda volumi più piccoli il trailer resta la soluzione più efficace.

«L’idrogeno verde rappresenta oggi uno degli elementi cardine della strategia di decarbonizzazione definita dall’Unione Europea e, in quanto tale, è salito in cima all’agenda di operatori e Paesi», ha commentato Stefano Clerici, consigliere delegato di Agici. «È in corso un cambio di paradigma nel modello di produzione energetica e diversi Stati si sono già mossi per adeguarsi, definendo chiaramente il loro ruolo nello scenario internazionale dell’idrogeno e in questo quadro, l’Italia si trova in ritardo. Anche sulla base del contesto regionale che si sta delineando, riteniamo che l’Italia possa ritagliarsi un ruolo di produttore della molecola, già nel breve periodo, e di hub di transito, nel medio-lungo periodo, tra Mediterraneo e del Nord Europa», ha concluso.

«Dal punto di vista della realizzazione dei progetti non ci sono temi tecnologici ostativi, bensì è necessario acquisire tutte le competenze per la migliore attuazione», ha dichiarato Massimo Andreoni, Head Management Consulting Fichtner. «Infatti, la complessità dell’ecosistema di soggetti coinvolti - produttori, consumatori, operatori di logistica - e della filiera tecnica richiedono competenze oggi ancora non pienamente disponibili sul mercato. La scelta oggi obbligata di sistemi “chiusi”, cioè autosufficienti, non deve fare perdere di vista l’obiettivo strategico dello sviluppo di infrastrutture per tutta la filiera dell’idrogeno».(riproduzione riservata)


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