Xiaomi, il colosso cinese nato nel settore degli smartphone, vuole riscrivere le regole del mercato automobilistico cinese. Con una produzione da 1.000 veicoli al giorno e due nuovi stabilimenti in costruzione, l'azienda guidata da Lei Jun ha annunciato che valuterà l'espansione delle vendite all'estero dei propri veicoli elettrici a partire dal 2027. Fino ad allora però l'obiettivo è uno solo: lavorare per guadagnare più terreno possibile sul mercato domestico, dove la domanda per i nuovi modelli SU7 e YU7 ha superato ogni aspettativa.
Durante una diretta streaming tenutasi mercoledì 2 luglio, il ceo Lei Jun ha dichiarato che l'azienda ora deve concentrarsi esclusivamente sulla Cina, dove i volumi di ordini sono così alti da mettere alla prova l'intera capacità produttiva. Il Suv YU7, lanciato sul mercato giovedì 26 giugno, ha ricevuto 200 mila preordini nei primi tre minuti, facendo schizzare il titolo Xiaomi a livelli record alla borsa di Hong Kong.
Ma questo successo clamoroso ha un prezzo: i clienti dovranno attendere in media circa un anno per la consegna del loro veicolo, una situazione che ha già generato malcontento e proteste online. Interrogato sulla questione durante la diretta, Lei si è limitato a dire: "Faremo del nostro meglio per aumentare la capacità produttiva", senza fornire dettagli operativi.
Dietro al boom della mobilità elettrica di Xiaomi c'è una struttura produttiva all'avanguardia. Lo stabilimento principale a Pechino, che si estende su 720 mila metri quadrati, funziona a pieno regime su due turni dal giugno 2024, sfornando ora un veicolo ogni 76 secondi. All'interno circa mille robot gestiscono l'intero processo produttivo: dalla pressofusione all'assemblaggio, passando per la verniciatura, il packaging delle batterie e i controlli qualità.
In particolare, Xiaomi vanta l'utilizzo di una tecnologia chiamata gigacasting, già adottata da Tesla, che consente di fondere in un'unica soluzione intere sezioni della carrozzeria. Un unico modulo posteriore, ad esempio, viene oggi realizzato in un solo pezzo, mentre prima richiedeva 72 parti saldate in 840 punti diversi. Il risultato è una drastica riduzione dei tempi di produzione e una maggiore rigidità strutturale.
Il processo di ispezione è interamente automatizzato grazie a sensori lidar e intelligenza artificiale, che individuano difetti con una precisione prossima al 100%. Inoltre, veicoli a guida automatica (Agv) trasportano i componenti tra le diverse linee, eliminando l'uso di nastri trasportatori tradizionali e avvicinando l'approccio produttivo a quello tipico dell'elettronica di consumo.
Xiaomi sta lavorando per espandere la sua capacità produttiva: ha già completato quasi del tutto il suo secondo stabilimento accanto al primo, mentre il terzo è in fase di avvio. Il governo municipale di Pechino ha annunciato lo scorso 19 giugno che l'azienda ha acquistato altri 500 mila metri quadrati di terreno per circa 640 milioni di yuan (oltre 89 milioni di dollari). Questo massiccio investimento infrastrutturale è la risposta diretta all'enorme richiesta dei modelli SU7 e YU7, che stanno stanno iniziando a rosicchiare quote importanti a Tesla sul mercato cinese.
Secondo il portale automobilistico Dongchedi, la berlina SU7 ha venduto 256 mila unità nell'ultimo anno, superando le 200 mila Model 3 commercializzate nello stesso periodo. Il prezzo è uno degli elementi chiave: il SU7 parte da 215.900 yuan, poco più di 30 mila dollari) contro i 235.500 della Model 3. Anche il Suv YU7 parte da un prezzo inferiore rispetto alla Tesla Model Y (253.500 yuan contro 263.500 yuan), pur offrendo - secondo Xiaomi - prestazioni superiori e una user experience più curata. (riproduzione riservata)