E' il ritmo che conta. Le imprese cinesi nel Vecchio Continente giocano un ruolo sempre più decisivo all'interno delle economie locali, sono in aumento e producono. Questa la fotografia dell'ultimo rapporto di Roland Berger, in collaborazione con la Camera di commercio cinese nell'Unione europea.
Sui numeri assoluti il Dragone è ancora indietro rispetto alle concorrenti statunitensi e giapponesi. Se invece si guarda alle percentuali di crescita i gruppi cinesi lasciano inditro i rivali. Prendendo in considerazione le statistiche di Italia, Germania e Paesi Bassi, tra il 2013 e il 2018 mentre il numero delle aziende Usa è cresciuto in media del 5%, i cinesi hanno registrato tassi di espansione del 10%, con punte del 25% in territorio tedesco. In Italia i dati raccontano di una crescita costante (+19%), contro il 3% delle imprese a stelle e strisce e il 10% delle nipponiche.
Anche il valore della produzione mantiene un passo più spedito rispetto alle concorrenti. Nella penisola è stato in media del +46% rispetto al 3% Usa e al 15% dei giapponesi. Anche in questo caso sui numeri assoluti il Dragone è però ancora distante .
Guardando al quadro generale, sebbene gli investimenti siano calati negli ultimi due anni, le imprese cinesi nella Ue hanno contribuito alla crescita e allo sviluppo di alcuni settori chiave. A fine 2018, ad esempio, i gruppo d'Oltremuraglia i avevano messo a segno già oltre 3100 investimenti diretti in imprese in tutti i 28 Paesi comunitari creando circa 250.000 posti di lavoro. Diverse realtà hanno stabilito i propri centri di ricerca e sviluppo o fabbriche nella Ue.
Il rapporto fa l'esempio di Huawei che ha costruito almeno 23 centri di ricerca e sviluppo in 14 Paesi , dove sono impiegati 2.383 dipendenti e sono investiti oltre 75 milioni di euro (82,9 milioni di dollari). Guardando all'ITalia la mappa include il centro di ricerca e sviluppo della casa automobilistica Baic a Torino, dove ha sede anche quello della concorrente Jac. O ancora il centro ricerca per lo sviluppo del 5G aperto da Zte all'Aquila.
Il rapporto lamenta pertanto le politiche "sempre più severe in materia di investimenti dall’estero" messe in atto dall'Unione europea. La stessa Italia sta approvando la nuova normativa sul Golden Power, che estende al 5G i poteri speciali del governo per porre veti e condizioni sulle forniture che riguardanno le reti strategiche. Tra le sfide per le imprese cinesi Roland Berger rileva quindi l'accesso limitato ad alcuni settori chiave a causa della crescente censura degli investimenti esteri da parte della Ue e le restrizioni allo sviluppo di alcune imprese cinesi causate da malintesi derivanti dall'opinione pubblica e la limitata partecipazione alla definizione di norme europee". (riproduzione riservata)